Nr. 12
Nr. 12 - Domenica 06 Maggio 2001
DIMMI COME GESTICOLI E TI DIRO’ CHI SEI (parte dodicesima)
ATTI O GESTI ICONICI
Con questa categoria di atti gestuali, l’analogico del soggetto non solo evidenzia il riconoscimento dell’operatore quale fonte di stimolazione ma comunica con lui, suggerendogli il tipo di desiderio represso oggetto del discorso o inerente al discorso stesso. Iconico sta per immaginativo-emozionale.Sono sempre e comunque atti analogici con funzione espressiva del tipo associativo, illustratorio, affettivo, sessuale. Gli atti iconici emergono quando, in genere, il simbolo egemone ha già riconosciuto a tutti gli effetti l’operatore come fonte d’alimentazione energetica, per rafforzare il servizio analogico sino a quel momento ricevuto, esso suggerisce in vari modi la specifica esigenza distonica del simbolo alimentatore.
MOVIMENTI DEITTICI
Toccarsi la cravatta (Uomo)
Indica carenza di alimentazione energetica di tipo sessuale, il desiderio è frustrato.
L’argomento espresso dall’operatore stimola un’autoattribuzione negativa (vincolo),
alimentando così il simbolo egemone che esprime con il gesto un suggerimento operativo.
Trastullarsi con la collana o altro (Donna)
Esprime carenza di alimentazione energetica di tipo affettivo, come sopra le cose non vanno bene o come si vorrebbe. L’argomento espresso dall’operatore stimola un’autoattribuzione negativa (vincolo) che non gli permette di soddisfare il desiderio represso.
Girare l’anello o toccare l’anello
Suggerisce carenza di affettività se l’anello viene ripetutamente ruotato attorno al dito, carenza di sessualità se viene ripetutamente sollevato e abbassato.
Toccare gli oggetti in genere (es. un bicchiere a tavola, ecc.)
Simbolizza una carenza di alimentazione energetico affettiva, suggerisce di amplificare l’argomento trattato o temi riferentisi all’affettività. Spesso gli oggetti toccati suggeriscono all’operatore in modo ancor più specifico il tipo di carenza energetica del soggetto.
GESTUALITA’ PICTOGRAFE
Accarezzarsi i capelli
Desiderio di essere coinvolti anche sessualmente ma in modo delicato o comunque carenza di affettività. Il segno suggerisce che l’argomento trattato ha prevalenti implicazioni nella sfera affettiva.
Tirarsi su le maniche esponendo l’avambraccio (Uomo)
L’argomento trattato racchiude implicazioni diatoniche di ordine sessuale, il suggerimento spingerà l’operatore ad amplificare il tema per rendere un maggior servizio analogico al soggetto, o presentare nuove tematiche che contengano, se pur indirettamente, riferimenti sessuali.
Inserire un dito nell’orecchio
L’argomento trattato è in relazione con desideri della sfera sessuale.
Agitare un mano unendo pollice ed indice (senza voler indicare l’emblematico ok)
Esprime omosessualità latente.
Tenere mani giunte e dita aperte o unire le punte dei pollici e degli indici
E’ un gesto noto come simbolo delle femministe; esprime distonia nella sfera sessuale, ossia l’argomento toccato stimola il desiderio represso.
Sollevare lievemente la gonna e sbottonare i primi bottoni della camicetta (Donna)
L’argomento implica stimolazioni nella sfera affettiva/sessuale; l’operatore viene riconosciuto analogicamente come oggetto desiderato.
(Dipnosi - La Comunicazione Non Verbale - S.Benemeglio)
VIVERE MEGLIO
SE GLI ANIMALI HANNO UN'ANIMA……
La zootecnia europea è entrata nelle nostre case, con insistenza giornalistica al pari dei vari persuasori occulti, dei media, che ci informano sullo stato di salute degli animali da reddito, dei soggetti del reddito di tante persone che stanno cercando di arginare un’offensiva biologica di altri animaletti più virulenti che mai. L’afta epizootica tanto conosciuta e ultimamente temuta peggio della B.S.E.., ci tormenta quotidianamente con i nuovi focolai in arrivo anche nel nostro paese, sconvolgendo il settore carni e latte di un mercato già in crisi, per le varie lotte tra stati membri della comunità, in merito a chi debba andare la fetta maggiore o minore di surplus produttivo come calmiere dei prezzi e della concorrenza extracomunitaria. Mentre per l’encefalopatia spongiforme, “siamo sicuri” di quello che abbiamo mangiato in precedenza e “dovremmo essere più tranquilli per quello che mangiamo adesso”, per l’afta siamo sicuri che non è mortale per noi, non c’è pericolo di trasmissibilità, solo gli animali ad unghia fessa risultano sensibili, contraggono il virus, sviluppano le manifestazioni vescicolari crostose, dopo una fase d’incubazione di pochi giorni con febbre e malessere generale, poi….possono morire con una variabilità che va dal 2 al 50%,il restante 98 e 50%, dopo una settimana è guarito, riprende a produrre e arriva alla fine del suo ciclo, dove raggiunge il premio della sua vita, una dignitosa macellazione per riempire le nostre tavole e frigo di materie prime alimentari. Perché si abbattono tutti gli animali di un allevamento infetto????
I nostri insegnanti di malattie infettive ci hanno sempre detto che lo stamping out è la soluzione drastica e meno costosa di fronte a questa malattia, l’incenerimento delle carcasse con gomme consumate in un bel sugo di gasolio rimane l’unica alternativa compatibile”. Se invece qualcuno si azzarda ad affermare che dall’afta si può guarire benissimo, non fa notizia, perché non è un’autorevole voce che dispone di mezzi potenti, di cultura e capacità professionali secondo la logica della medicina ufficiale.
I veterinari che hanno lavorato con questa malattia non meno di 30, 40 anni fa, la conoscono bene, l’hanno curata fin quando era possibile e non la ritengono così devastante come si sta dicendo adesso. Alcuni di loro, quando non esisteva l’obbligo dell’abbattimento, quando il bovino rappresentava una risorsa importante per la famiglia che viveva solo d’agricoltura, allora veramente biologica, la curavano con rimedi locali, oppure con il principio dell’isopatia, utilizzando il liquido delle lesioni vescicolari su altri animali per trasmettere quell’input giusto della stimolazione anticorpale, altri l’hanno ignorata come causa di malessere comune, mescolando i sintomi con un’indigestione a carattere febbrile, quando non vi erano le manifestazioni classiche, oppure sono stati confusi dalla schiuma che fuoriusciva dalla bocca dei ruminanti o dei suini come sintomo di dentizione in atto o infezione boccale da corpi estranei.
In molti casi, non è stata segnalata all’autorità sanitaria dei tempi passati, al veterinario provinciale o ai vari veterinari condotti per timore di vedere il proprio allevamento invaso da tutori della sanità animale, imporre una rigida procedura d’abbattimento di capi infetti e isolamento dell’allevamento per le quarantene indispensabili all’esaurimento dell’epizoozia. In tempi più recenti, “ moderni”, il ricorso alla vaccinazione sembrava porre un freno alla sua diffusione, poi come negli U. S. A.,dove la dimensione e la struttura zootecnica non sono paragonabili alle nostre, si è passati all’abbattimento totale, al cerchiaggio epidemiologico della malattia, abbandonando l’immunizzazione da vaccino per risolvere il problema con montagne di carcasse al rogo. Nell’ultima epidemia che colpì la provincia di Modena, l’impegno sanitario fu notevole, mezzi e uomini lavorarono giorno e notte per scavare fosse comuni, che accogliessero gli animali che poi erano bruciati, creando fumi neri di gomme e gasolio che si spostavano nei nostri cieli invernali, creando delle cappe puzzolenti e maleodoranti, ma che non potevano essere evitate, secondo gli esperti. Credo sia abbastanza naturale chiedersi se effettivamente tutto questo sia giusto o meno; ma se ancora qualcuno dicesse che l’afta è una malattia curabile anche con pochi mezzi,quale sarebbe la risonanza di queste affermazioni in questo momento?????
Secondo l’esperienza del Dottor M. C. Aluigi, Medico Veterinario Omeopata da oltre 30 anni, l’impiego di pochi rimedi omeopatici, associati ad un rigoroso isolamento temporaneo del gruppo d’animali è più che sufficiente ad evitare la mortalità o le complicazioni dovute alle manifestazioni cutanee e mucose.
Anche la Medicina Tradizionale Cinese, la medicina energetica dei cinesi, ha sempre considerato le manifestazioni cutanee come una forma d’esonerazione di tossine interne che con la complicità dei virus raggiunge le sue massime influenze sull’equilibrio energetico dell’animale. In medicina omeopatica qualsiasi manifestazione cutanea, è sempre vista con gran rispetto per il corpo, perché rappresenta una via d’uscita naturale di tossine che diversamente andrebbero a depositarsi negli organi più interni, in una fase di latenza cronica, pronte ad uscire e influenzare l’animale con altre patologie, più pesanti, più complesse, più dure a guarire.
Queste brevi riflessioni partono da una esperienza personale, quella dell’ultima epidemia che si manifestò nell’inverno tra 1985 e 1986, nella provincia di Modena, densamente popolata di bovini e di suini (4 suini per abitante in quel periodo); erano i primi anni della mia attività, per lavorare, affiancai il lavoro dei colleghi dell’USL, fui chiamato alla campagna vaccinale più estesa per quel periodo, si doveva fare in fretta, tutte le porcilaie erano in fibrillazione, la malattia avanzava come un bollettino di guerra, i giornali ogni giorno segnalavano nuovi casi, bisognava far presto. In questo stato di allerta generale fui chiamato in un allevamento annesso ad un caseificio, l’obiettivo era quello di vaccinare tutti i capi, cambiando ago per ogni animale, nella speranza di ridurre l’infezione con la puntura. Entrai con altri colleghi in alcune sale popolate di maiali adulti, che mostravano chiaramente i segni dell’afta come non avevo mai visto, neanche sui testi classici di malattie infettive su cui avevo studiato: animali di 40, 50, 80, 120 kg di peso che presentavano delle vescicole che sembravano bolle di sapone appoggiate sul grugno, alcuni zoppicavano per le lesioni agli unghielli, altri si presentavano abbattuti per la fase febbrile in atto, altri ancora avevano qualche segno esterno, ma avevano già superato la fase acuta e si erano ripresi al punto che li disturbava essere “punturati”, per l’ennesima volta, mentre mangiavano tranquillamente. I più deboli in fase febbrile non potevano raggiungere la mangiatoia ed erano sopraffatti da quelli più forti, provocando quindi una sorta di selezione naturale per la legge del più forte. In questo stato era certamente più facile il graduale peggioramento della situazione clinica del maiale che oltre alla mancanza d’energia dall’alimento e acqua, si abbatteva anche “ psicologicamente”, lasciandosi andare alla morte.
(come per l’uomo credo che anche per l’animale esista una reattività comportamentale, un temperamento che dimostra un’elaborazione emotiva, conflittuale a livello mentale, lo chiamiamo istinto se volete).
Dopo tre giorni di lavoro fu deciso di abbattere comunque tutti gli animali presenti sempre per una precauzione sanitaria dettata dall’urgenza del momento e dalle regole ferree del regolamento di polizia veterinaria.
Con questa recrudescenza attuale del fenomeno a livello europeo, mi chiedo se ha senso questa carneficina oppure se sia più utile operare in un contesto più umano e animale per il vero benessere animale.
Cosa si potrebbe fare in pratica per evitare queste stragi ambientali???:
Vanno benissimo le norme igieniche ambientali e i controlli dei movimenti di animali, ma queste regole esistono già, vanno bene isolare l’allevamento, evitare contatti esterni per una quarantena sufficiente ad esaurire l’ondata infettiva; è utile disinfettare le ruote dei mezzi, le suole delle scarpe, cospargere di calce viva o altri disinfettanti luoghi di movimentazione del personale o degli animali all’interno dell’allevamento; sarebbe ideale poter chiedere ai volatili di non soggiornare nel focolaio, essi ritengo siano una delle fonti principali di diffusione del materiale contaminato da questo virus, da questa proteina.
La cura sugli animali può avvenire con pochi rimedi omeopatici (Mercurius solubilis, Nitricum acidum, Arsenicum album, Sulfuricum acidum, Cantharis, Lachesis mutus) oppure con complessi che contengono questi principi attivi, parlando col Dottor M. C. Aluigi, posso aggiungere la sua personale esperienza con un immunostimolatore vegetale (I. S. V. della ditta O. T. I.), che consente di curare e di prevenire le complicazioni anche in caso di focolaio. Esistono anche tanti altri mezzi naturali che possono aiutare gli animali a superare questa forma virale che si potrebbe paragonare alle nostre epidemie influenzali invernali, quello che cambia sono i soggetti e l’ambiente in cui vivono. … E se qualche animale muore??????
L’esclusione dal gruppo e l’interramento in fosse opportune riduce notevolmente il danno generale, per gli altri animali guariti, a meno che non li consideriamo solo delle macchine produttrici di carne e latte, rimane solo qualche traccia, hanno bisogno di alcune settimane per riprendersi; possono riprendere la loro carriera riproduttiva o essere macellati. Ma il virus che fine ha fatto????
Secondo recenti indagini la permanenza è molto variabile, ma posso riportare l’esempio di alcuni lavori eseguiti per verificare la permanenza dei titoli anticorpali dopo vaccinazione anti aftosa, si è visto in pratica che gli animali mantengono le difese provocate dalla vaccinazione anche per alcuni anni, per altri animali si assistette ad una permanenza di oltre 5, 6 anni, degli anticorpi, a seguito della interferenza legata alla vaccinazione degli stessi capi con altri vaccini (enterovirus e leptospira hardjo in idrossido di alluminio) e alla influenza di vari stress ambientali cui erano soggetti gli animali: stress da trasporto, da eccessivo numero per superficie di capi e dalle tecniche intensive di allevamento non sempre in sintonia col benessere animale. S’invoca a questo proposito una sorta di memoria immunologica che rimane nell’animale dopo aver subito una serie di vaccinazioni con risposte cellulari crociate; siamo cioè di fronte ad un caos immunitario che basa la sua reazione a seguito degli stimoli vaccinali continui. La conclusione più immediata riguarda la possibilità che anche nelle infezioni naturali vi sia questa permanenza latente della riposta anticorpale, se lo stress da vaccinazione crea uno squilibrio della risposta immunitaria dal punto di vista sierologico, il caos immunitario, questo può spiegare la recrudescenza dei focolai, anche se non è l’unica causa. Nei suini ad esempio i piani vaccinali prevedono nel loro ciclo di vita di circa 18 mesi, non meno di 10 interventi vaccinali, se a questo aggiungiamo le tecniche d’allevamento stressanti possiamo immaginare come arrivi al limite di resistenza un tale sistema di difesa naturale.
… anche i nostri soldati nel Kosovo prima di partire hanno subito un piano di profilassi simile, qualche giornale ne ha parlato, a qualcuno è venuto il dubbio che oltre all’uranio impoverito, la leucemia contratta da alcuni giovani militari sia legata a quest’eccessivo stress immunitario…..Veniamo alla macellazione di questi animali e chiariamo subito il dubbio della mancata trasmissione all’uomo per la labilità del virus che a seguito della maturazione naturale del muscolo, la frollatura, non resiste, perché sensibile alle variazione di PH della carne, vuol dire che a valori di 6,5 a 4° di temperatura si ha una perdita del titolo anticorpale di un log ogni 14 ore, a PH 6 e PH 5 l’inattivazione arriva al 90% in pochi minuti. Su materiale essiccato la permanenza è maggiore ed è questo materiale che può costituire un serbatoio per altre infezioni (frattaglie d’origine animale da animale infetto soggette a lavorazione). Chiaramente la cottura provoca una sua in attivazione, quindi come misura preventiva sarebbe opportuno predisporre dei macelli contumaciali, in grado di eseguire la macellazione degli animali provenienti da allevamenti in cui vi è stata una precedente infezione per controllarne la lavorazione e l’opportuna conservazione della carne in condizioni ambientali in grado di esaurire la presenza del virus nei muscoli. Dopo queste brevi considerazioni personali, non ritengo giusto l’accanimento profilattico mostrato nei riguardi di questa malattia, ritengo possano essere prese misure meno drastiche e più adatte alla situazione particolare dell’allevamento alla luce di conoscenze diverse da quelle cui siamo abituati a convivere.
(Vignoli Francesco - Medico Veterinario Castelfranco E)
Bibliografia:
MALATTIE INFETTIVE DEGLI ANIMALI DOMESTICI
di Hagan e Bruner
Grasso Editore 1985
PERSISTENZA D'ANTICORPI ANTIAFTOSI IN BOVINI VACCINATI
M. Amadori, I. L. Archetti, S. Abrami
Ottobre 1999
Da osservatorio epidemiologico veterinario regione Lombardia
Visto su internet tactical@corelli.nexus.it
THERAPEUTIQUE HOMEOPATIQUE VETERINAIRE
Issautieur, Calvet
BIORON EDITION 1987
AFTA EPIZOOTICA ESPERIENZE DI LOTTA
M. Barbieri, D. Garutti, U. Zambonini
1987 CALDERINI BOLOGNA
LE ALTRE MEDICINE SECONDA EDIZIONE AGGIORNATA
Mario Aluigi
AIEP EDITORE
LEGGENDO, LEGGENDO
TUTTO E’ UNO - L’ipotesi della scienza olografica -
Michael Talbot
Ed. Urra Lit. 30.000
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